Teatro Coccia, Novara Mercoledì 22 e Giovedì 23 Maggio 2024I CORTI DEL COCCIA - Terzo Episodio

Con il pubblico sul palcoscenico!

Novara, 16 Maggio 2024. Prosegue la felice saga dell’”Opera Zapping” o “opera scomposta” ideata dal Teatro Coccia nel 2021. Nel 2024 tronano I Corti del Coccia con il loro terzo episodio e portano il pubblico insieme ai protagonisti nel luogo più affascinante del teatro: il suo palcoscenico. In scena un’opera da camera che in realtà ne contiene quattro, Mercoledì 22 e Giovedì 23 Maggio alle 20.30.  Tre micro opere compongono l’opera: arie, duetti e recitativi sono nelle mani di tre giovani compositori allievi del maestro Marco Taralli nel corso di composizione dell’Accademia AMO Lorenzo Sorgi, Davide Sebartoli, Matteo Sarcinelli. Le opere sono composte per le voci degli allievi di Tiiziana Fabbricini (docente Accademia AMO) Beatrice Caterino, Anna Nagai, Elena Malakhovskaya e con loro le voci già affermate di Nicola Di Filippo, Stefano Paradiso e Lorenzo Liberari; la regia è firmata dai giovani allievi di Deda Cristina Colonna (docente Accademia AMO), ovvero Livia Lanno, Giuseppe Trovato, Giulio Leone (che firma anche scene e costumi) e Stefania Butti a cui è affidata la regia di raccordo tra tutte le opere. Un’opera che ne contiene quattro, quindi, la cui drammaturgia, testo di raccordo e libretti sono firmati da una penna sinonimo di affidabilità e tocco inconfondibile nella programmazione della Stagione 2024 del Teatro Coccia, quella di Emanuela Ersilia Abbadesa, che vestirà anche i ruolo della scrittrice recitando al fianco della allieva del corso per attori dell’STM Scuola del Teatro Musicale Costanza Gallini.  La direzione è a cura del Maestro Matteo Castelli, che torna dopo il successo della scorsa estate con la zarzuela La zia di Carlo.  Le tre micro opere vivono di vita propria, ma si intersecano tra di loro con un filo conduttore poetico e ironico al tempo stesso.  L’operaUna scrittrice, pressata dalla scadenza imposta dall’editore, è alla ricerca dell’ispirazione per il suo nuovo romanzo. Priva di idee, sconfortata, va alla finestra e osserva la strada e il caseggiato di fronte quando, l’immagine di una coppia triste che cammina sul marciapiede lentamente le fa nascere in mente una trama. Corre alla macchina da scrivere e comincia il suo nuovo romanzo.Da questa premessa, nasce il terzo episodio dei Corti del Coccia. A legare le tre micro opere è proprio la figura della scrittrice che, presa da una sorta di raptus, spiando le vite dei suoi dirimpettai, immagina, con cinismo e un senso di crescente onnipotenza, le loro storie.La prima coppia le ispira la triste vicenda di una giovane coppia che ha perso un figlio e che non potrà più averne altri; la seconda coppia – formata da un padre severo e una figlia adolescente – quella di una gravidanza inattesa.Via via che scrive, la scrittrice si rende conto di aver esagerato e di essere stata addirittura crudele con i suoi personaggi e decide di inserire un momento più leggero: vede il vecchio portiere dello stabile di fronte spazzare l’androne e una straniera avvicinarsi per chiede un’indicazione e si mette a scrivere il buffo dialogo tra una russa che conosce poco l’italiano e un sordo abbastanza distratto.Finisce anche questo episodio e rilegge compiaciuta il suo lavoro quando squilla per la seconda volta il telefono: dall’altra parte ci sono i suoi sei personaggi che la accusano di aver giocato con i loro sentimenti e di meritarsi adesso una vita vera per potersi riscattare. La scrittrice si prende gioco di loro, li accusa di darsi arie e non vuole ascoltare le loro proteste.L’alterco viene interrotto dall’autrice del dramma che irrompe tra le grida di tutti: è lei ad aver inventato tutti i personaggi e ad aver inventato anche quello della scrittrice che adesso pensa di essere una persona reale.Le due cominciano a litigare e a dare manforte alla scrittrice contro l’autrice intervengono i personaggi e tutti reclamano una vera vita.L’autrice li ascolta sconfitta: fa a pezzi quanto aveva scritto e getta i pezzetti di carta al vento. Le tre opere IL BAMBINO PERDUTO, MUSICA DI LORENZO SORGI, REGIA LIVIA LANNOIl bambino perduto – racconta Lanno - è la storia di un dolore silente, che colpisce il 31% delle donne italiane. È la storia di una giovane coppia, novelli sposi, alle prese con il dolore della perdita di un figlio mai nato. Per empatizzare maggiormente con tale sofferenza la scelta è stata quella di ambientare l’intera vicenda negli anni ‘70, raccontando di una coppia estremamente comune, in una giornata comune, davanti alle porte di un palazzo come tanti. Raccontare quindi di un dolore universale, che colpisce senza alcuna differenza di ceto sociale o economico. Lei non ha un nome proprio, esattamente con Lui. Sono due persone comuni, come tante, di quelle che passano inosservate in mezzo alla folla. La scena è estremamente semplice e minimalista: l’intera vicenda si svolge infatti all’esterno di una ipotetica palazzina, su piano strada, i cui unici elementi scenografici sono una panchina e un lampione. Una giovane coppia è di ritorno dall’ospedale e, attraverso le loro voci, veniamo a conoscenza che lei ha appena subito un aborto spontaneo. I due avevano già programmato la loro nuova vita: la cameretta era pronta, il seggiolone per la macchina era già stato acquistato, i parenti avevano già programmato la festa per il nascituro. La tragedia è arrivata all’improvviso, come una tempesta, sconvolgendo le vita di una nuova famiglia. Le condizioni sociali tipiche degli anni ‘70 in Italia sono inoltre presenti e pressanti nella vicenda dei due innamorati. Lei è schiacciata da un matrimonio, la cui imposizione sociale prevede la nascita di un figlio nel minor tempo possibile; probabilmente non potrà più avere figli, non potrà più rispondere alla volontà della famiglia di lui, alla volontà del paese o della città in cui si trovano. È intrappolata nel suo dolore e nella sua condizione. Una domanda la attanaglia: come potrà essere una Donna senza la possibilità di poter concepire? Come potrà essere una Moglie senza la possibilità di dare un figlio a suo Marito e un nipote alla sua famiglia? Per Lui, ovviamente, è tutto diverso. La perdita di un figlio è sicuramente una enorme sofferenza, ma crede fermamente che l’amore per Lei possa fargli superare questo dolore. Potranno comunque costruirsi una vita, andare avanti, amarsi nonostante l’assenza di un figlio. Per Lui l’unica cosa che conta davvero è che Lei gli stia accanto, per amarlo e costruire insieme la loro vecchiaia. L’epilogo di questa storia non è dei più felici. Lei è talmente schiacciata dalle imposizioni sociali, dalla famiglia di Lui, dalla sua stessa sofferenza, che sente il bisogno di scappare. Non può sopportare l’idea di vedere la cameretta pronta, il marito a cui ha promesso una vita felice e una famiglia numerosa. Decide quindi di andare via, di curare le sue ferite altrove, nella speranza di avere delle cicatrici che possano permetterle di tornare a vivere serena senza causare ulteriori sofferenze: lasciare libero il suo Lui, lasciare che lui possa crearsi la famiglia che ha sempre desiderato, amare un’altra Lei che possa permettergli di avere il figlio che ha sempre sognato. Lui accetta la decisione di Lei, con l’unica speranza tuttavia che torni nella casa dove un tempo erano stati felici”. I Corti del Coccia – commenta Sorgi - sono stati una magnifica avventura per me. Poter lavorare in gruppo con gli altri compositori, interagire direttamente con la librettista per cogliere il senso profondo del dramma, lavorare con i registi per definire i tempi teatrali anche dal loro punto di vista: tutto questo è stato per me una piccola rivelazione, una luce gettata su aspetti del fare teatro musicale che purtroppo non vengono spesso affrontati nei percorsi di studio. La cosa più bella di questo lavoro collettivo è stato forse proprio il sentirsi parte di una bottega, con il Maestro e gli altri apprendisti, sempre in un clima di distesa serietà e rispetto reciproco.Bella anche la formula teatrale ibrida fra opera e prosa, stimolante da un punto di vista creativo, formativa nell’affrontare varie tipologie di composizione in vari momenti della drammaturgia e molto diretta verso il pubblico.In conclusione, scrivere Il bambino perduto è stato per me anche un’ottima occasione per lavorare di fino su aspetti meno evidenti del comporre musica per il teatro, dovendo definire la psiche dei personaggi (e quindi l’intero svolgersi del dramma) unicamente tramite la scrittura della parte vocale e non tramite le azioni, il tutto in un atto unico in cui i tempi di evoluzione dei caratteri sono per forza di cose brevissimi e quindi estremamente calibrati”.Nel ruolo di Lei Beatrice Caterino, di Lui Nicola Di Filippo.  IL BAMBINO INATTESO, MUSICA DI DAVIDE SEBARTOLI, REGIA GIUSEPPE TROVATO“Il bambino inatteso – descrive Trovato - è una storia che parla di ipocrisia e fallimento pedagogico. Un padre incapace di empatizzare, colpito da un orgoglio accecante che non gli permette di ascoltare la figlia. Tuttavia, in questa estrema severità c’è un che di grottesco. La vicenda si colloca negli spazi del condominio dove il padre esercita la professione di psicoterapeuta. Nonostante i suoi studi psicosessuologici, il personaggio non è in grado di intessere una conversazione fruttuosa con la figlia, al punto da prendere decisioni drastiche sul suo futuro. Da questo scontro generazionale emergono situazioni comiche esagerate e ferite apparentemente insanabili. È un contrasto in cui tutti noi possiamo specchiarci, con il volto a metà tra il riso e il dispiacere”. “Lavorare in gruppo – commenta Sebartoli - richiede sempre quello sforzo di mettere da parte le proprie velleità in favore del risultato collettivo; richiede la pazienza di aspettare i tempi degli altri ed è stato proprio questo spirito ad animare sia me che i miei colleghi nell’affrontare questo lavoro. Così facendo l’atto del comporre a più mani diventa un divertimento, con le sue fatiche e i suoi risultati incredibilmente originali, fondendo insieme le varie identità dei singoli compositori. Divertimento che non si traduce per forza nel trattare soggetti buffi come nel caso di questo spettacolo; nello specifico nella mia scena, Il bambino inatteso, si racconta di un padre incapace di capire e ascoltare la figlia, un cuore indurito dalle tante sofferenze che la vita pone davanti. Non riuscendo a superare questi traumi, con violenza si scaglia verso una figlia che invece avrebbe solo bisogno di essere accolta e coccolata dal suo papà.Nel ruolo della figlia Anna Nagai, in quello del padre Stefano Paradiso. LA STRANIERA, MUSICA DI MATTEO SARCINELLI, REGIA GIULIO LEONE“La scrittrice, personaggio che fa da fil rouge a questo episodio de “i Corti del Coccia” – spiega Leone - ci fa scoprire la storia di Svetlana (la Straniera) e del Portiere. Questa storia si svolge letteralmente su due piani diversi: sia nel palazzo dove sei svolge l’azione scenica, sia sul piano comunicativo. Ci troviamo davanti a due personaggi molto caratterizzati; lui un uomo indefesso nel suo lavoro, dedito alla missione di portiere. Lei, un’attrice di origini dell’Est che non è mai uscita da uno dei suoi personaggi interpretati a suo tempo su vari palcoscenici e venuta in Italia per cambiare radicalmente vita. Nella mia lettura registica, ho voluto trovare nel libretto di Emanuela Ersilia Abbadessa l’espressione e gli sguardi di questi due personaggi e, nelle note di Matteo Sarcinelli, la gestualità di maniera dell’attrice e il passo fiero del portiere nel svolgere le sue azioni quotidiane. Può quindi la differenza di lingua, l’istrionismo (o meglio il divismo) di Svetlana e la convinzione quasi alienata del Portiere, creare una situazione degna di una commedia surreale, ma deliziosamente adesa alla realtà?” “La Straniera – commenta Sarcinelli - è l’unica scena buffa dello spettacolo e si distacca molto dal tono generale: si fonda su una comicità semplice e diretta, basata sull’incomprensione e sui caratteri genuinamente macchiettistici dei due personaggi. Il Portiere, vecchio e sordo, e Svetlana, ex-attrice sull’orlo del declino che non conosce la lingua. Con la musica ho cercato di creare un’atmosfera comica, da cartoon, con sonorità bislacche e commenti molto legati all’azione e agli scambi fra i due personaggi. Incomprensioni e fraintendimenti si traducono in un vero e proprio leitmotiv che permea tutta la scena, basato su di un’onomatopea che richiamasse la sordità e giocasse sulle inflessioni di una lingua inventata sul momento, con accenti sbagliati e una prosodia tutta particolare. I tre strumenti dell’organico, clarinetto corno e violoncello, si sono prestati benissimo per colorare situazioni allegre, burlesche, dal sapore popolare, ma anche talvolta nostalgiche e inaspettatamente cariche emotivamente. L’esperienza collettiva inoltre è stata nuova e stimolante, con diverse parti dello spettacolo composte a sei mani in una commistione di stili che non avevo sperimentato prima”.Nel ruolo della straniera Elena Malakhovskaya, il portiere è Lorenzo Liberali Le tre storie vengono cucite insieme, come detto, da una drammaturgia ulteriore, ad opera della penna e della fantasia di Emanuela Ersilia Abbadessa, che ne è anche interprete insieme a Costanza Gallini e insieme traghettano il pubblico tra le tre storie creando un ulteriore filo a chiusura del cerchio, La regia del testo di raccordo è ad opera di Stefania Butti che scrive “Cos’è un artista senza la sua creatività? Cos’è un poeta senza la sua fantasia? Non c’è cosa peggiore della mancanza di ispirazione per coloro che generano arte, per coloro che dedicano tutta la vita all’inseguimento di un sogno così complesso come quello del vivere concretamente della propria passione.E così la Scrittrice passa la propria esistenza ormai vuota rinchiusa in uno studio polveroso e claustrofobico, senza mai vivere la vita in prima persona, ma limitandosi ad osservare passivamente quelle degli altri che le passano davanti.Per chi sa però guardare al mondo con gli occhi pieni di poesia c’è sempre un modo per ritrovare la luce e viaggiare lontano alla ricerca forse di qualcosa di ancor più importante: la conquista della propria identità e il coraggio di accettare sé stessi sia nel bene che nel male, scegliendo e scrivendo in prima persona il proprio lieto fine”. L’impianto scenico, che renderà lo spettatore attivo nel corso dell’opera, è firmato da Giulio Leone Una volta entrato nella partitura e nel libretto di questo episodio dei Corti del Coccia, ho voluto assecondare la parola che più mi si palesava davanti scorrendo la partitura: sperimentazione. Ricercando poi un codice unico che rispondesse a questa parola mi è venuta in aiuto la decade che è stata per il mondo del cinema e del teatro, una delle più sperimentali: gli anni ’70. In questi anni nomi giganti dell’industria cinematografica e del teatro, abbandonando il manierismo classico e avvicinandosi alla corrente neorealista, ci hanno dato immagini vivide e capaci di portare la verità dell’azione scenica in una veste sperimentale. Ho voluto quindi riportare quello che era la moda e lo stile visivo dell’epoca dentro le mura del Teatro, che sono diventate una casa di ringhiera; nell’ufficio claustrofobico e monolitico della Scrittrice e nel suo salottino che non ha paura di (ab)usare del colore. Le stelle del cinema e del teatro degli anni ’70, vere e proprie icone di stile, hanno naturalmente aiutato il mio occhio a vestire gli artisti che saranno le trasposizioni (ir)reali del pensiero creativo della Scrittrice”. Sul palco la parte musicale è affidata all’ Ensemble Orchestrale del Teatro Coccia: clarinetto Lucia Nardacci, corno Jacopo Sacco, violoncello Cristiano Frisenda. I biglietti sono in vendita, al costo di 10,00 euro sul sito www.fondazioneteatrococcia.it e presso la biglietteria del Teatro.  Il titolo è frutto del lavoro dell’Academia dei Mestieri d’Opera del Teatro Coccia che dalla scorsa Stagione vede il sostegno come Main Sponsor di Techbau e il contributo di Gesigroup. Due aziende del territorio che hanno scelto di sostenere i giovani e i professionisti del futuro.  La Stagione 2024 del Teatro Coccia è realizzata con il contributo di Ministero della Cultura, Regione Piemonte, Comune di Novara, Fondazione Banca Popolare di Novara, Fondazione DeAgostini, Mirato SPA, Fondazione Cariplo, Fondazione CRT.